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Storia della cooperazione

La cooperazione nell'Italia del XIX secolo tra crisi e sviluppo

 

23 ottobre 1844. È questa la data cui si fa comunemente risalire l’inizio dell’esperienza cooperativa.

Per iniziativa di 28 lavoratori nasceva infatti quel giorno, in Inghilterra, la Società dei “Probi Pionieri di Rochdale”. Scopo della società era - nelle parole dei Pionieri -“quello di adottare provvedimenti per assicurare il benessere materiale e migliorare le condizioni familiari e sociali dei soci...”

Da quella data la cooperazione, che si inserisce nell’ambito di quella libertà di associazione che è una delle conquiste essenziali dell’800, comincia a diffondersi un po’ in tutta Europa, Italia compresa. La prima cooperativa costituita nel nostro paese è il Magazzino di previdenza di Torino - una cooperativa di consumo - sorto nel 1854 per iniziativa della “Associazione degli operai”.

Due anni più tardi ad Altare, in Provincia di Savona, nasce la “Artistica Vetraria”, una cooperativa di lavoro. Le prime cooperative nascono, insomma, per dare una risposta, sulla base di un princìpio di solidarietà, a problemi immediati e particolari come la disoccupazione e l’aumento del costo della vita.

La diffusione dell’idea cooperativa trova il sostegno, con accenti ed impostazioni diverse, di esponenti prestigiosi della politica del tempo.

Basti pensare a Giuseppe Mazzini, che vedeva nella cooperazione un princìpio generale dell’organizzazione sociale grazie al quale capitale e lavoro dovrebbero confluire in “un’unica mano”; ad un esponente del nascente socialismo come Andrea Costa, che tendeva ad inserire la cooperazione nel contesto più generale del movimento politico e sindacale di emancipazione dei lavoratori; ad un liberale “giolittiano” come Luigi Luzzatti, che considerava la cooperazione come uno strumento di inserimento non conflittuale delle classi subalterne nello sviluppo economico. Questa pluralità di approcci all’impostazione di fondo da dare al movimento cooperativo, corrispondente a specifiche ispirazioni politiche e ideologiche, emerse con chiarezza nell’autunno del 1886, quando 100 delegati, in rappresentanza di 248 società e di 70.000 soci, si riunirono in Congresso a Milano, dal 10 al 13 ottobre, per dare vita ad una strutturazione organizzativa che assicurasse lo sviluppo e il coordinamento di un movimento cooperativo assai variegato. Nacque allora la Federazione Nazionale delle Cooperative, che nel 1893 si sarebbe trasformata in Lega delle Cooperative, primo movimento cooperativo.

 

Nel 1901 nacquero la Federazione Italiana delle Società di Mutuo Soccorso e la Confederazione Generale del Lavoro, la "Triplice Alleanza" del lavoro, un comitato composto dai maggiori esponenti dei movimenti cooperativi, mutualistici e sindacali; e tra il 1904 e il 1910 furono dodici i provvedimenti legislativi volti a favorire più o meno direttamente la cooperazione.
A conferma del ruolo di primissimo piano svolto dal movimento cooperativo italiano, la Lega Nazionale delle Cooperative venne ammessa a far parte in Italia dei Consigli Superiori del Lavoro, della Previdenza, dell'Emigrazione e della Commissione Centrale delle Cooperative e, all'estero, dell'Alleanza Cooperativa Internazionale.
I risultati non si fecero attendere e si passò dalle 3800 società esistenti nel 1902 alle 5065 del 1910.

Il primo conflitto mondiale ebbe chiaramente riflessi negativi anche nel settore cooperativo osteggiato dall'aumento dei costi e dalla stasi dei beni di consumo.
Allo scoppio della Grande Guerra in Italia si contavano 7429 cooperative con un milione e 800 mila soci (di queste 2408 appartengono al settore di consumo, 3022 alla produzione e lavoro, 1143 al settore agricolo, 105 alle assicurazioni). Ma all'indomani della vittoria sul fronte alpino, tra il 1919 ed il 1920, nel nostro paese si assistette ad un vero boom cooperativo, stimolato in parte dalla forte disoccupazione e dall'aumento sfrenato dei prezzi.
Nel 1921 le cooperative erano 25.000 e contavano oltre due milioni di soci.

Fra il 1919 e il 1924, in un periodo di grande confusione e di travaglio per una Nazione delusa ed allo stremo, lacerata al suo interno da violenze e ritorsioni, il Fascismo, allo scopo di arrestare l'avanzata delle forze socialiste e cattoliche, colpì duramente la cooperazione.
Solo nel 1923 il primo governo Mussolini diede il via ad un processo di normalizzazione che avviò l'opera di revisione dei problemi cooperativi da parte del partito nazionale fascista. Dal 1925 al 1927 il Regime sciolse la Confederazione ed intraprese una radicale riorganizzazione dei settori cooperativi: fu creato l'Ente Nazionale Fascista per la cooperazione con sede a Roma e le cooperative furono inquadrate nell'ordinamento corporativo.
Nei giorni che seguirono l'8 settembre 1943 il Fascismo provò a fare leva anche sulla cooperazione attraverso il Manifesto di Verona del novembre dello stesso anno. Tuttavia le sorti dell'Italia stavano per cambiare, e le forze antifasciste, che si preparavano a vincere l'ultimo atto di una cruenta guerra civile, posero le basi per la ricostruzione di cooperative libere e democratiche, alle quali venivano affidati ruoli e responsabilità per un'Italia democratica.
 
Alcuni segnali forti si avvertirono già con l'arrivo sul suolo italiano delle truppe alleate: il 15 maggio 1945 un gruppo di cooperatori cattolici ricostituisce la Confederazione Cooperativa Italiana; alcuni mesi più tardi la Lega Nazionale delle Cooperative e Mutue venne ricostituita.
Si arrivò così alla legge Basevi, approvata il 14 settembre 1947, contenente "Provvedimenti per la cooperazione", che sanciva sia i principi solidaristici e democratici cui dovevano ispirarsi le società cooperative, sia le clausole che avrebbero dovuto certificarne il rispetto del requisito della mutualità sancito dalla Costituzione.
Negli anni successivi si avviò il consolidamento attraverso la progressiva concentrazione in organismi più ampi e si definirono in modo più funzionale le strutture di coordinamento nazionale.
A queste venne, infatti, ad aggiungersi nel 1952 “l’Associazione Nazionale delle Cooperative e Mutue” promossa dalla componente laica-liberale, e nel 1957 nasce anche “l’Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori”.
La guerra fredda e la successiva divisione del mondo in due blocchi contrapposti smorzarono quasi istantaneamente le illusioni di un rinnovamento sociale.

Non furono anni facili nemmeno per il movimento cooperativo, spesso al centro di discriminazioni da parte dello stesso governo e vittima di un vero e proprio ostracismo. Il tentativo di individuare una via di riscossa passò attraverso la Carta rivendicativa della cooperazione (16 dicembre 1953) che rivendicava:

  • restituzione del maltolto
  • cessazione delle gestioni commissariali
  • statuto definitivo della cooperazione
  • perequazione finanziaria e tributaria
  • abolizione dell'imposta di fabbricazione dello zucchero
  • applicazione integrale del testo unico sull'edilizia popolare.

Le crisi degli anni Cinquanta ed i ripensamenti sulle tematiche dell'economia conclusero in definitiva la fase storica del cooperativismo, favorendo l'affermazione dei grandi consorzi nazionali.
Nacque nel 1962 a Bologna il Consorzio Nazionale Dettaglianti (Conad) al fine di organizzare in comune i rifornimenti e gli acquisti di generi alimentari, bevande e beni di consumo; e, sempre a Bologna, l'anno successivo si attivò l'UNIPOL.
 
A partire dai primi anni settanta si avvertì una necessità di riformare la Legge Basevi, e così nel 1971, con la Legge 127, furono stabiliti alcuni provvedimenti per un più moderno funzionamento delle cooperazioni e furono introdotte importanti agevolazioni fiscali. Sempre nello stesso anno si costituì l'Unione Nazionale Cooperative Italiane (U.N.C.I.), grazie all'impegno di un gruppo di ispirazione cattolica.
Ma se i segnali di una ripresa del movimento cooperativo si erano sentiti a partire dai primi anni settanta, fu con le elezioni del 1975, in cui si registrò una forte svolta a sinistra del paese e particolarmente verso il Partito Comunista Italiano, che il ruolo del movimento cooperativo venne fortemente riproposto.
L'interesse che il movimento cooperativo suscitò con la politica di rilancio in una congiuntura economica avversa favorì  lo sviluppo del movimento stesso tra gli anni 1977 e 1979.

Nuove sfide si prospettarono a partire dagli anni ottanta, nel momento in cui il sistema produttivo, modificato profondamente da importanti trasformazioni, pose al movimento cooperativo il problema di come agire sul mercato senza tuttavia smarrire i propri valori della solidarietà e della mutualità.
Dalla crisi, che aveva scosso fino ai massimi livelli il mondo cooperativo con le dimissioni del presidente della Confederazione, il movimento uscì lentamente a partire dal 1984. In quell'anno il terzo Congresso Nazionale, tenutosi a Roma, rilanciava la sfida ai grandi problemi produttivi del nostro paese: l'occupazione nel Sud, l'agricoltura e la piccola imprenditoria.
Per affrontare simili sfide si avvertì impellente la necessità di ingenti capitali, e la cooperazione da un lato optò per l'accesso al mercato dei capitali (pur rimanendo un'impresa di persone con scopi mutualistici), dall'altro scelse l'aumento dell'autofinanziamento. Fu il momento in cui nacque la Banec, una banca nazionale con sede a Bologna, si potenziò Fincooper e Unipol entrò in Borsa.
Sempre negli stessi anni la legge n. 49 del 27 febbraio 1985, detta Legge Marcora, prevedeva l'istituzione di un fondo speciale a favore delle cooperative costituite tra lavoratori in cassa integrazione guadagni utilizzabile sia per l'acquisto dell'azienda in difficoltà presso la quale avevano lavorato, sia per la costituzione di una nuova società (al di fuori del settore agricolo).
Sulla scia di questi incentivi il movimento accelerò lo sviluppo economico, grazie anche ad alcune importanti iniziative come la costituzione di FINEC (Finanziaria Nazionale dell'Economia Cooperativa) controllata dal Fincooper e dalla Società Finanziaria Meridionale (SoFiMer) in collaborazione con Isveimer e Banco di Napoli.
Mentre il movimento cooperativo si espandeva anche nel settore delle costruzioni, determinando una crescita quantitativa tanto imponente da costringere le società a riflettere sulle caratteristiche del proprio essere cooperative, la legge n. 59 del 31 dicembre 1992 introduceva importanti novità riguardo le modalità di finanziamento delle cooperative. Si istituì una nuova categoria di soci sovventori le cui risorse finanziarie possono essere utilizzate nell'ambito di fondi per lo sviluppo tecnologico e per la ristrutturazione e il potenziamento aziendale.

Gli anni Novanta sono caratterizzati da una forte crescita della cooperazione sociale. Lo Stato perde il ruolo di protagonista nel quadro delle politiche e delle azioni di sviluppo del welfare state e la cooperazione sociale diventa sempre più importante in questo contesto, poiché si trova impegnata a fornire servizi alla persona e opportunità di inserimento lavorativo, in modo più efficiente rispetto all’Ente Pubblico.

Viene approvata in questo periodo la legge n. 381 del 1991, che riconosce e definisce ufficialmente l’esistenza ed il ruolo della cooperazione sociale.
In particolare, all’articolo 1, definisce lo scopo delle cooperative sociali, che è quello di “perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini”, e sancisce la distinzione in cooperative di tipo A, che si occupano della “gestione di servizi socio-sanitari ed educativi”, e cooperative di tipo B che svolgono “attività diverse – agricole, industriali, commerciali o di servizi – finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate”.

Nel 1993 il Presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi, nel corso dell’Assemblea con i dirigenti delle Centrali Cooperative, riconosce al movimento la capacità di produrre reddito ed occupazione.

Nel 1995 l’ONU proclama la Giornata della cooperazione: da quel momento, il primo sabato di luglio viene dedicato al “valore dell’azione cooperativa”.

LA COOPERAZIONE OGGI

Il fenomeno cooperativo ha svolto, e continua tuttora a svolgere, una funzione sociale centrale in molti paesi ed in Italia in particolare.

Le cooperative contribuiscono ad una maggior efficienza dell’intero sistema economico, rafforzando nel contempo la coesione sociale.
Nel 2002  nasce ufficialmente, col patrocinio dell’Alleanza Cooperativa Internazionale, il nuovo dominio Internet “.coop”, la cui fruizione è riservata alle cooperative. Questo avvenimento costituisce il primo passo per la costruzione di una vera e propria “casa cooperativa” sul web, dando alle cooperative la possibilità di promuovere in modo immediato la propria identità.

I primi anni del nuovo millennio si aprono con nuovi interventi legislativi, l. 142/2001 sul socio lavoratore, la modifica alla legge Marcora (art. 12 l. 57/2001) e la l. 366/2001 di modifica del diritto societario.
La l. 142/2001 apporta importanti innovazioni alla legislazione cooperativa, in particolare rispetto alla figura del “socio lavoratore”, la cui precisa definizione ha rappresentato per lungo tempo uno dei nodi centrali di dibattito e confronto nel mondo cooperativo. La legge 142/2001 lascia tra l’altro aperta la possibilità da parte dei soci di instaurare con la cooperativa un rapporto di lavoro distinto sotto qualsiasi forma.

L’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 6/2003 (riforma del diritto societario) innova profondamente la disciplina delle società cooperative e rappresenta una sfida alle cooperative per crescere in autenticità e competitività.
Infatti la nuova normativa, che ha applicazione a decorrere dal gennaio 2004, rappresenta una svolta, un cambiamento radicale, una rivoluzione concettuale oltre che operativa.
Ricordiamo che la riforma ruota intorno ad un punto nodale: quello di operare una netta distinzione tra le cooperative ponendo le premesse per far emergere le cooperative che perseguono meglio le finalità solidaristiche e mutualistiche.
A tal proposito sottolineiamo uno degli istituti più delicati ed importanti: quello relativo al requisito della prevalenza mutualistica, condizione necessaria per l’accesso delle cooperative ai benefici fiscali. Correttamente il principio di mutualità è al centro dell’attenzione facendolo assurgere a tratto distintivo della cooperativa, sia essa agevolata o meno.
Con lo scopo mutualistico la cooperativa mira a procurare ai soci beni, servizi, occasioni di lavoro alle condizioni complessive possibilmente migliori di quelle offerte dal mercato e questo è l’elemento distintivo.
La normativa pone inoltre le basi per rendere più moderna sul piano economico – finanziario  la realtà cooperativa nonché per migliorare la governance democratica.
Le norme sono severe, ma aprono nuove potenzialità di sviluppo per le imprese cooperative che accettano la sfida ad esercitare con rigorosa coerenza la loro funzione sociale e l’attività mutualistica.